Vi è mai capitato di lavorare in team? Non mi riferisco soltanto alla vostra vita professionale e produttiva, ma anche al piacevole agonismo che ci spinge a collaborare per vincere una partita di calcetto fra amici, il martedì sera. Ecco, il gruppo rappresenta una realtà complessa e imprevedibile, in cui ogni membro deve agire al fine di raggiungere il successo comune. Che si giochi in porta o in attacco, che si diriga la squadra dalla panchina o che si supporti il proprio compagno dagli spalti, fare goal è l’obiettivo che permette a ogni persona si sentirsi parte di un insieme più grande, ma allo stesso tempo unito. Cosa succede, però, quando la gestione di un team passa dalle mani di un leader carismatico ed empatico a quelle di una macchina, scientifica e razionale, fredda e calcolatrice? La stessa domanda se l’è posta M. Heffernan, la cui eloquenza e il cui brillante spirito critico sono riusciti a emozionarmi e a farmi riflettere durante la visione del suo breve talk TED. La nota scrittrice parla di temi toccanti e mai banali: creatività ed empatia, organizzazione e imprevedibilità del futuro. In che modo?
Immaginate di essere impiegati in un supermercato – racconta con passione la scrittrice – e di essere controllati e comandati da una gestione scientifica e artificiale; vi verrà chiesto di mettere in ordine lo scaffale dei succhi di frutta e magari di stilare una lista dettagliata di tutte le tipologie di formaggio in vendita. Fin qui non abbiamo bisogno della presenza di un essere umano, giusto? Ma cosa succede quando un bambino particolarmente vivace rovescia uno stand di caffè, o quando una mamma distratta lascia cadere una confezione da 6 uova? Può la macchina prevedere l’imprevisto, ordinando di raggiungere il corridoio numero 4 per risolvere l’incidente il prima possibile? La risposta è no! L’efficienza è il mito su cui si fonda la cultura a noi contemporanea: la massiccia digitalizzazione delle imprese costringe l’essere umano ad adattarsi alla richiesta di performances professionali sempre più standardizzate, macchinose e artificiali. Lo scopo è quello di ottenere un beneficio immediato da ogni singola attività: la macchina del nostro supermercato automatizza le vostre azioni per ricavarne un utile, ovvero informazioni spendibili per sviluppare altri comandi.
Ebbene, M. Heffernan si interroga assieme agli ascoltatori sull’effettività validità di questo approccio. Nel grande supermercato delle nostre vite – che chiamiamo mondo – non è possibile soltanto contare le tipologie di formaggio o mettere in ordine i succhi di frutta; nella vita reale bisogna essere pronti all’imprevisto! Non sappiamo quando e come le uova cadranno, ma siamo certi di una cosa: succederà! Pensate al cambiamento climatico e alla sua inestirpabile incertezza: gli studi ci dicono che avverrà, ma non possono essere sicuri delle modalità e delle tempistiche in cui il disastro si potrà concretizzare. La nostra realtà si muove in maniera dinamica e rapida, sempre in movimento. Non è possibile stimare quale piega gli eventi prenderanno nei prossimi 20-30 anni, ma siamo certi del fatto che qualcosa succederà, così com’è sempre accaduto nei secoli di storia che ci siamo lasciati alle spalle. Come affrontare il futuro? Dire addio al mito dell’efficienza just in time significa preferire un modello di vita just in case: è bene poter contare su soluzioni multiple, piuttosto che su una sola alternativa. Certo, potrà capitare di usare tempo prezioso nello sviluppo e nella ricerca di approcci che non saranno mai necessari, ma questo è l’unico modo che permette all’essere umano di creare un orizzonte di libertà e consapevolezza con cui affrontare gli eventi in arrivo.
Avete mai sentito parlare di Jos de Blok? E dei Saracens? Cos’hanno in comune un infermiere belga e una squadra di rugby fra le più apprezzate del Regno Unito? Entrambi hanno impiegato creatività, passione e una buona dose di coraggio per sovvertire il mito dell’efficienza a favore di una filosofia di vita che si avvicina alla comprensione dell’imprevisto, della creatività e – soprattutto – dell’adattamento. Il primo ha proposto un esperimento allo scopo di abbandonare le cartelle mediche digitalizzate, lasciando libera scelta agli infermieri di far visita ai pazienti secondo tempistiche non prestabilite; i secondi si sono allenati in vista del campionato in maniera particolare: hanno viaggiato a Chicago e hanno sostenuto associazioni di volontariato, alternando l’impegno sociale a gite sulla neve. Ecco, molti potranno parlare di “perdita di tempo.” Perchè non allenarsi duramente sul campo, perché non impiegare solo 10 minuti per la visita di ogni paziente? Non sarebbe forse più efficiente? L’esperimento permette di modificare la realtà e di offrire informazioni inedite che sono in grado di massimizzare il nostro approccio globale: non solo i malati hanno migliorato le loro condizioni fisiche più velocemente seguendo il metodo di Jos de Block, ma i Saracens sono diventati esempio mondiale di un team che – anche sotto pressione – collabora e valorizza la presenza di ogni membro del gruppo, con empatia e passione per lo sport, in maniera vincente.
Molti esperimenti non sono efficienti, ma permettono di ottenere adattamento, cambiamento e invenzione senza pari. L’uomo è un essere umano imprevedibile, così come lo è il mondo in cui viviamo: l’approccio più smart per affrontare il futuro è dunque quello tipicamente empatico e pieno di sorprese, coraggioso e anti-convenzionale. Insomma, M. Heffernan mi ha fatto riflettere su alcuni temi che nella mia vita hanno assunto una predominanza sempre maggiore con il passare del tempo. Mi sono chiesto: come voglio gestire il mio supermercato? Voglio solo catalogare i formaggi? Penso proprio di no. In conclusione, più la tecnologia avrà la pretesa di dare risposte standardizzate e automatiche, maggiore sarà la possibilità che l’essere umano perda la sua capacità di trovare soluzioni multiplie a problemi imprevedibili. La dura verità è questa: il futuro è incerto, ma è anche vero che chi sta cercando di governarlo non vuole far altro che controllarlo.
Per questo motivo, affrontare l’imprevisto nel momento esatto in cui accadrà è ciò che ci rende umani; nessun sistema che si serva di un’intelligenza artificiale potrà mai reagire allo stesso modo in cui la creatività e la fantasia di ognuno di noi consenta di fare. Il motivo? Ciò che ci distingue dalla macchina è la possibilità di sperimentare, di scegliere e di sbagliare. Il rischio di delegare queste facoltà è elevato, come altissime sono le possibilità di perdere il nostro peculiare modo di essere umani. Gli esperimenti permettono di uscire “fuori dagli schemi”, creando nuovi orizzonti di possibilità. Nel mio lavoro essere creativo significa lasciare libero sfogo alla vena immaginativa, capace di creare un futuro che – sebbene imprevedibile – possa essere umanamente vissuto e affrontato. M. Heffernan non sbaglia nel consigliare agli ascoltatori di usare empatia: il puzzle della nostra realtà necessita di tasselli ancora da creare, la cui forma è decisa dalle nostre azioni.